Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno di Benjamin Stevenson

LIBRI PER TUTTE LE ORECCHIE
Paesaggi Letterali Settimanali
di Roberto Fiorini

Il Decalogo di Knox è un insieme di regole per il giallo deduttivo compilato da Ronald A. Knox nel 1929 e pubblicato per la prima volta nell’introduzione curata dallo stesso Knox alla raccolta The Best Detective Stories of 1928-29.
Il decalogo contiene le dieci regole che ogni romanzo poliziesco di tipo deduttivo dovrebbe rispettare per consentire al lettore di arrivare alla soluzione dell’enigma proposto.
Come altri autori della sua generazione, Knox era convinto che il genere giallo fosse una sorta di gioco o una sfida ludica, da giocare ad armi pari tra scrittore e lettore.
Secondo Knox infatti un racconto giallo “deve avere come principale interesse il dipanamento di un mistero, un mistero i cui elementi devono essere presentati in modo chiaro sin dalle prime battute del racconto, e la cui natura sia tale da suscitare una certa dose di curiosità, una curiosità che deve venire alla fine gratificata”.
Giocando appunto con il Decalogo del giallo perfetto, Benjamin Stevenson rivisita i classici alla Conan Doyle e Agatha Christie e costruisce un giallo teso e fulminante, che trascina il lettore in un intrigo micidiale.
Mai riunire la famiglia Cunningham sotto lo stesso tetto.
Hanno tutti un grosso segreto.
Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno di Benjamin Stevenson edito in Italia da Feltrinelli è un romanzo originalissimo, attuale nella scrittura ma classico nel genere, intelligente e avvincente nella trama.
Ho pensato: e se rovinassi l’intero libro in prima pagina – ha spiegato l’autore in una recente intervista – potrei costruire ugualmente un romanzo poliziesco?”
Tutti nella mia famiglia hanno ucciso qualcuno – esordisce il protagonista – alcuni di noi, però hanno ucciso più di una volta“.
I Cunningham non sono una famiglia come le altre.
C’è solo una cosa che li unisce: hanno appunto tutti ucciso qualcuno.
Ora hanno deciso di ritrovarsi per un’occasione speciale: trascorreranno un fine settimana in un resort di montagna per festeggiare l’uscita di prigione di Michael.
Il giorno dell’arrivo di Michael, viene però trovato il cadavere di un uomo.
Ha le vie respiratorie ostruite dalla cenere, come se fosse morto in un incendio, ma non ha ustioni sul corpo.
Tra i Cunningham c’è una zia nervosa, un tossicodipendente tranquillo, un avvocato armato di Rolex, una matriarca imperiosa.
E poi c’è l’affabile narratore, Ernest (il nome non è casuale).
Mentre una bufera si abbatte sul resort isolandolo e la polizia brancola nel buio, spetterà proprio a Ernest capire se il colpevole è uno dei suoi familiari, prima che vengano uccisi tutti.
La famiglia Cunningham è ferocemente compatta ed unita, infatti quando Ernest anni anni decise di fornire la testimonianza che condannò suo fratello Michael per omicidio, venne emarginato.
Anche sua moglie lo lasciò proprio per il fratello omicida.
La reunion al resort di montagna – alla vigilia del rilascio di Michael dalla prigione – sembra l’occasione giusta per seppellire l’ascia di guerra, ma conoscendo le inclinazioni della famiglia, potrebbe trattarsi di un’ascia realmente pericolosa.
E dire che a Ernie Cunningham le riunioni di famiglia non sono mai piaciute!
Quando il corpo viene trovato sulle piste da sci, Michael è immediatamente sospettato ed Ernest si nomina detective dello chalet.
Dopotutto è uno scrittore di guide pratiche, scrive libri su come scrivere libri ed ha quell’attitudine deduttiva alla Ronald A. Knox, un vero e proprio addestramento che sembra invece non avere il poliziotto locale.
O spianerò la strada per tornare in famiglia con l’assoluzione di Michael –  spiega Ernest – o consegnerò l’ultimo chiodo per chiudere la sua bara“.
Mentre scende una tempesta di neve ed i corpi aumentano, il nostro affabile investigatore si ritrova a vivere esattamente nel tipo di storia di cui scrive: ma la vita reale rispetterà le regole della narrativa poliziesca?
Un romanzo ostinatamente disinvolto, a tratti fastidiosamente bizzarro.
Le domande che Ernest si pone appaiono per certi versi una resa dei conti per troppo tempo rimandata.
Ma Ernest è davvero onesto, sarà un raro narratore affidabile oppure la verità può nascondere tanto quanto una bugia?
Nessun indizio è lasciato al caso.
Nessun dialogo è casuale e fuori contesto.
C’è solo un buco nella trama attraverso cui si potrebbe guidare un camion” dichiara Ernest nelle pagine iniziali, e poi più tardi, mentre un camion sfreccia giù per una collina, si preoccupa di ricordarci che siamo stati debitamente avvertiti.
Alcuni dei nomi dei personaggi potrebbero essere anagrammi?
Chissà.
Ad un terzo del romanzo, Ernest decide di mettere in pausa la storia per regalarci un riassunto.
Enumera ogni elemento di prova e ogni domanda senza risposta e reintroduce il cast.
Un passaggio ironico, pieno di battute – Stevenson è anche un comico standup – che non annulla uno dei piaceri più profondi dei misteri dell’omicidio: raccogliere e ordinare le informazioni per diventare anche noi investigatori.
Benjamin Stevenson si diverte molto a schernire e prendere in giro i suoi lettori, facendo però divertire molto.
Utilizza un tono familiare ed amicale e costruisce qualcosa di nuovo e unico.
Con battute in abbondanza, umorismo crudo che rende le pagine un tripudio da leggere e gustare ad ogni rigo.
Mistero ed intrattenimento.
Gli indizi ci sono tutti, così come gli innumerevoli depistaggi.
E tutto funziona che è un piacere aggiungendo divertimento.
Vivamente raccomandato per tutti coloro che amano una crime story sfacciata ma intelligente.
È possibile intuire chi è l’assassino prima che Ernest lo riveli?
Improbabile che il lettore sia in grado di mettere insieme l’intera storia anche con tutti gli indizi.
E questo credo contribuisca a rendere Everyone in My Family has Killed Someone un romanzo molto divertente.