Home Cultura e Eventi Da Montevarchi al Burkina Faso: Paolo Turini e la sua storia d’amore

Da Montevarchi al Burkina Faso: Paolo Turini e la sua storia d’amore

Con orgoglio e tanta emozione la parrocchia del Giglio a Montevarchi ha salutato con una festa a sorpresa e la celebrazione di una messa Paolo Turini prima della sua partenza per il Burkina Faso, prevista per domani, martedì 9 settembre.

Insegnante e da oltre trent’anni impegnato nella cooperazione internazionale, assumerà l’incarico di responsabile in loco del progetto della Fondazione Giovanni Paolo II BEF – Burkina Formazione e Impegno. Strumenti per la creazione di lavoro, che punta a promuovere la formazione tecnica e lo sviluppo rurale.

L’iniziativa prevede la crescita di 30 cooperative agricole, con l’obiettivo di migliorare la produzione e rafforzare la rete di vendita, favorendo così nuove opportunità di lavoro e autosostentamento. Partner del progetto è anche il CIPA, che si occuperà della formazione tecnica e dell’innovazione nei laboratori.

“Riparto dopo tanti anni con una nuova formula – racconta Turini – con il desiderio di mettere a disposizione le mie conoscenze e la mia esperienza per contribuire allo sviluppo del Burkina Faso”.

La sua storia
La sua storia d’amore con il popolo burkinabé comincia nel 1994, quando Paolo – grazie al parroco della Chiesa del Giglio, don Gabriele Marchesi, responsabile dell’Ufficio Missionario della diocesi di Fiesole, e all’associazione “Campo di Lavoro per il Santo Natale” di don Carlo Donati, già attiva in Burkina – parte come “esperto” piastrellista per pavimentare il dispensario di Kanougou.

Un’esperienza che doveva essere breve, ma che poi diventa presenza sempre più assidua in quella terra.

Lì nel 1997 incontra Caterina Piu, infermiera in missione con altri amici provenienti dalla Sardegna. L’esperienza a Koupela, capoluogo della provincia di Kouritenga, segna entrambi. Due anni dopo, nel 1999, si sposano e prendono un anno di aspettativa:

Paolo dalle Ferrovie dello Stato, dove lavorava come manutentore, e Caterina dall’ospedale.

È l’occasione per maturare l’idea di partire come famiglia e costruire un progetto che risponda alla loro vocazione missionaria, rivolto soprattutto ai giovani. Avviene nel 2001: si trasferiscono per 5 anni licenziandosi dai rispettivi lavori.

La Diocesi di Firenze col sostegno del Vescovo Luciano Giovannetti li sostiene come missionari laici. Operano nel centro per malati di Aids  di Ouagadougou, gestito dai Padri Camilliani.

Ma il loro sogno resta quello di creare un centro giovanile. Riescono a farlo – non senza difficoltà – a Kanougou, un villaggio di circa mille persone nel cuore della savana africana a oltre duecento chilometri da Ouagadougou, capitale del Burkina Faso.

Qui creano un centro di formazione per giovani che si chiama Song-Taaba: tradotto dal morè significa “Aiutiamoci gli uni gli altri”. Intanto allargano la loro famiglia con la nascita di Samuele e Francesco e successivamente con l’arrivo di Petra.

Nel 2006 in Burkina Paolo riceve una notizia inaspettata: è stato assegnato a una cattedra in una scuola in Italia, grazie a un concorso sostenuto molti anni prima.

Decidono così – non col cuore leggero – di rientrare e nel Valdarno comincia una seconda fase missionaria: la responsabilità dell’Ufficio Missionario della Diocesi di Fiesole, del Centro missionario Bakonghe creato nei locali del Piccolo Giglio, un tempo Asilo Brilli Peri a Montevarchi da cui continuano a sostenere il Centro Song-Taaba.

Almeno una volta l’anno Paolo (a volte accompagnato dalla famiglia) torna in Burkina a dare una mano concreta.

Il nuovo progetto
“Qualche tempo fa – racconta Paolo Turini – alcuni amici suggerirono il mio nome ai responsabili della Fondazione Giovanni Paolo II, vista la mia conoscenza del Paese.

C’era bisogno di un burkinabè responsabile dei progetti della Fondazione in Burkina. Io ho la cittadinanza del Burkina Faso. Da un incontro con l’allora presidente Andrea Bottinelli a Firenze, ho ricevuto vari stimoli e riflessioni. Mi ha detto:

“Lei è perfetto per questo incarico”. Una conferma che è arrivata anche dal nuovo presidente Damiano Bettoni. E così ne sono diventato responsabile”.

Paolo ha chiesto l’aspettativa dal lavoro di insegnante e con Caterina ha riorganizzato la gestione familiare, ora che i figli sono ormai grandi.

“La famiglia ha sempre sostenuto questo impegno e anche ora siamo insieme in questa scelta.

Non sarà la stessa cosa quando saremo lontani, ma la tecnologia ci aiuta. In ogni caso, il pensiero che si tratti di qualcosa di buono, di importante per tante persone, prende il sopravvento su molte preoccupazioni”.

Emozione e preoccupazioni
“Dopo 30 anni – ammette – ripartire con questa nuova formula mi affascina e un po’ mi preoccupa.

Mi affascina perché posso mettere a disposizione le mie conoscenze e il mio essere Burkinabè.

Mi preoccupa perché conosco poco il meccanismo di questi progetti, in particolare nella parte burocratica, ma all’interno della Fondazione c’è chi si occuperà di questo e quindi sono tranquillo”.

Un altro aspetto da considerare è che il Burkina ha subito negli anni molti cambiamenti, che Paolo ha vissuto nei suoi numerosi viaggi e nei progetti in cui si è impegnato.

Da qualche tempo ha un assetto politico molto diverso nei confronti degli europei, in particolare dei francesi.

“Questo viaggio inizia all’ombra di due importanti differenze rispetto a 30 anni fa: oggi il governo militare si sta staccando dalla Francia e punta a un autosostentamento.

Ben vengano quindi i progetti che valorizzano il lavoro locale, ma allo stesso tempo non sappiamo fino a che punto saranno accettati i contributi provenienti dall’esterno”.

Grazie!
Buon viaggio a Paolo e grazie da parte della Fondazione Giovanni Paolo II per aver assunto questa responsabilità che siamo sicuri porterà avanti con capacità, competenza, entusiasmo. È la persona perfetta!

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