Una festa a sorpresa dopo 50 anni?
Si sono ritrovati non al Roxy Bar ma davanti alla loro scuola elementare in centro città, “ognuno col suo viaggio, ognuno diverso, ognuno in fondo perso nei fatti suoi”, grazie al passaparola e soprattutto a Facebook.
Nell’anno 1973, a nove anni inaugurarono la scuola Pio Borri, una scuola meravigliosa e rivoluzionaria.
Hanno deciso di incontrarsi 50 anni dopo per festeggiare quell’inizio e per ricordare.
Tutti ragazzi della zona Giotto che abitavano nei nuovi palazzi appena costruiti tutti simili, in famiglie simili, con genitori appena quarantenni ed uno o più fratelli.
La mattina a scuola, il pomeriggio per le strade tra via Tiepolo, Piazza Giotto, via Cimabue e via Beato Angelico, poi in chiesa per il catechismo, ma soprattutto per Lupetti e Coccinelle.
Trascorrevano le giornate sempre insieme e sempre fuori casa all’aria aperta.
Niente computer, niente cellulari.
Lontano quanto basta dai genitori, ai quali volevano bene ma ai quali chiedevano spazio e libertà.
Una vecchia fotografia in bianco e nero un po’ sbiadita dal tempo racconta quegli anni straordinari ed il desiderio di tornare indietro con la memoria al periodo dei primi anni di scuola elementare.
E’ bastato questo per decidere di organizzare una fantastica rimpatriata.
Nei primi tre anni delle elementari, quando la scuola Pio Borri non era ancora pronta, le loro classi erano “stivate” in due garage in via Giambologna.
Poi finalmente nel 1973 i ragazzi fecero il loro ingresso nella nuovissima scuola.
La Pio Borri era bellissima – lo è ancora oggi tiene a puntualizzare sorridendo la Dirigente Scolastica Sandra Guidelli – con spazi ampi e moderni, luminosi, dotati di tutte le tecnologie dell’epoca. Laboratori laboratori per attività artigianali, scientifiche e di ricerca, un refettorio che agli occhi degli alunni sembrava enorme, illuminato da un’immensa parete di vetro.
E poi spazi aperti per giocare a calcio ed a palla avvelenata.
“Era una delle prime tre scuole sperimentali in Italia – scrive Maurizio, uno dei ragazzi del ’73 – predisposta per testare e mettere a punto la futura scuola a tempo pieno che, all’epoca non esisteva ancora”.
“Fu inventato provato e raffinato tutto – precisa ancora Maurizio – il modulo, gli assetti misti delle classi e le nuove modalità di interazione tra insegnanti e ragazzi che, durante la mattina svolgevano la normale attività didattica (con 2 insegnanti), pranzavano in refettorio e nel pomeriggio, mescolando gli alunni delle varie classi, partecipavano a corsi di Tipografia, Fotografia, Falegnameria etc. in cui la creatività dei ragazzi veniva stimolata, cercando di fare emergere i loro talenti e le loro passioni. Era una scuola che non stimolava la competizione tra gli alunni, ma la collaborazione. I lavori di gruppo erano continui; i ragazzi si riunivano tutti insieme settimanalmente in assemblea per discutere qualche ora, su argomenti di attualità. All’epoca la RAI periodicamente filmava gli avanzamenti dell’esperimento alla Pio Borri e nelle altre due scuole, una al nord e l’altra al sud, e le trasmetteva nei TG delle 20”.
“I sei maestri, due dei quali hanno deciso di partecipare alla rimpatriata con i loro alunni 59enni – aggiunge entusiasta Maurizio – animavano con amore e serietà professionale questo esperimento sociale e scolastico. Le persone fanno la differenza sempre, il Maestro Bianchini, e le Maestre Ciampi , Bigoni, Rossi, Balestri e Paolucci l’hanno fatta per questi 60 ragazzini, oggi donne e uomini che si sono portati dietro i valori di quel periodo per tutta la loro vita e che, ritrovandosi, hanno scoperto ancora l’affetto genuino che c’era tra loro”.
Prima il giro di telefonate e le ricerche su Facebook, dove compaiono profili di persone che hanno lo stesso cognome del compagno di scuola ma nella foto del profilo sono un’altra persona.
Poi il gruppo su Messanger che in pochi giorni cresce sino a raggiungere e superare il numero dei bambini ritratti nella foto.
Poi finalmente l’appuntamento.
“Il senso che oggi ha per noi quell’esperienza – conclude Maurizio – è riassunto bene nel messaggio nella chat del gruppo: ho sempre pensato che abbiamo avuto delle grandi opportunità di diventare degli adulti con una visione divergente. Con tutti i miei errori, spero di aver trasmesso a mia figlia e a tutte le persone che ho frequentato qualcosa di questa visione eccentrica, periferica, disincantata e con molti più dubbi e domande che risposte. Negli ultimi decenni ci sono stati continui cambiamenti, opportunità che sono maturate, abbiamo fatto la nostra parte di bambini di giovani e poi di adulti. Questo lo scrivo per superare il quanto eravamo belli senza rimpianti e con il coraggio di guardare alla bellezza dei nostri figli e nipoti, a tutti i giovani e al loro entusiasmo inconsapevole per la vita. Se c’è una morale in tutto questo è che la scuola può, ancora, fare una grande differenza per tutti noi, loro sono stati fortunati”.
Il tutto è cominciato così.
Del resto credo queste occasioni arrivino sempre all’improvviso, quando meno te lo aspetti.
Apri facebook e trovi un messaggio di un vecchio amico che ti chiede di entrare a far parte di un gruppo (che sia whatsapp o messanger poco importa).
Quando cominci a leggere i nomi dei destinatari fai fatica a dare loro un volto, sono nomi familiari ma che non pronunci da tantissimi anni.
Del resto l’idea di incontrare i compagni delle elementari è senza dubbio più affascinante e romantica di quella di organizzare una rimpatriata con i compagni delle superiori, con i quali spesso hai intrattenuto rapporti e amicizie.
Quanti fili si rintrecciano, che emozioni.
E poi è l’occasione per festeggiare i 50 anni della scuola Pio Borri.
Un’esplosione di meraviglia e felicità per il nuovo incontro davanti a scuola, tra capelli sale e pepe – oggi molto di moda – e ricordi che riaffiorano lentamente.
Mi sono chiesto che cosa ci può mai essere di strano dietro una normale rimpatriata di una classe delle elementari cinquant’anni dopo?
Io non ho frequentato la Scuola Pio Borri ma mia figlia si e mia zia Gabriella ci ha insegnato oltre 40 anni.
“La scuola è il nostro passaporto per il futuro, poiché il domani appartiene a coloro che oggi si preparano ad affrontarlo“, ho vissuto i cinque anni di elementari di mia figlia con entusiasmo e davvero grato di aver incontrato maestre fantastiche in un clima scolastico sereno e stimolante.
Ecco perché immagino che la rimpatriata della classe 1973 sarà stata certamente un momento piacevole, in cui saranno stati ricordati con gioia i tempi spensierati della fanciullezza e in cui gli ex alunni si saranno potuti divertire a scoprire come e cosa sono diventati i vecchi compagni di banco.
Niente di strano apparentemente.
Tutto si iscrive perfettamente nella normale parabola umana, giovinezza e maturità.
In realtà questa normalità, credo, normale non lo è affatto.
Questa normalità, se la si guarda meglio, è un monito tremendo, questa normalità è un privilegio.
La bellissima festa a sorpresa davanti alla scuola Pio Borri ha suscitato in me alcune riflessioni sui tempi che stiamo vivendo e sull’eccezionalità di questa fase storica.
Grazie a Facebook, Twitter, Instagram trovare persone che non si vedono da moltissimi anni è diventata la cosa più semplice del mondo, innanzitutto.
Organizzare un incontro con facce oggi ricoperte di barba ma che ci ricordano ancora volti bambini ordinaria amministrazione.
Anche essere quasi tutti presenti sembra normale.
Ed è proprio questo essere tutti presenti, credo, a non esserlo affatto, normale intendo.
Questo è un privilegio, grande.
Il lavoro rende tutti partecipi del medesimo futuro.
L’incontro davanti alla scuola Pio Borri è il frutto di un mondo del lavoro che ha permesso a tanti bambini nati a metà degli anni Sessanta di realizzarsi a pochi chilometri dalla propria casa.
Non di accontentarsi ma di realizzarsi con esperienze lavorative qualificanti e in grado di dare soddisfazioni personali ed economiche.
Il tutto grazie ad un sistema economico solido e gestito con buon senso da chi si trovava ad amministrare i beni comuni, tanto gli amministratori pubblici quanto i proprietari delle imprese.
Un equilibrio che, oggi, si è perso irrimediabilmente.
Un’antica alchimia di cui si è smarrita la pozione.
La crisi economica che non finirà certo nei prossimi anni perché ben più strutturale di quanto ci viene raccontato, probabilmente priverà i nostri figli di questo privilegio.
Per ridare loro l’opportunità di organizzare con gioia una festa di classe cinquant’anni dopo, dobbiamo ripensare ad una nuova economia, rimettere in moto quella macchina locale dei sogni che sembra essersi inceppata.
A noi privilegiati, a noi generazione dimenticata e per qualcuno rottamati quasi sessantenni, a noi boomer l’onere di fare il primo passo.
“E’ bello immaginare la fine di un viaggio. Ma alla fine è il viaggio che conta”.
Ed il viaggio della classe 1973 della scuola elementare Pio Borri è stato un magnifico ed entusiasmante viaggio.