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Sabato 1° marzo è la Giornata Internazionale della Cura

Sabato 1° marzo è la Giornata Internazionale della Cura. Il gruppo della Parrocchia di S.Pio X, in collaborazione con il parroco Don Luigi Torniai e il Consiglio Parrocchiale, ha voluto celebrarla con una serie di iniziative che si incrociano in questa giornata.

Il 1° marzo del 1975 è stata inaugurata la Chiesa di San Pio X, ne ricorrono proprio quest’anno i 50 anni. Inizialmente la santa messa veniva celebrata nel salone attiguo alla chiesta attuale.

In questa sala era ( ma lo è ancora oggi) ospitato un crocifisso formato da un pezzo di legno (una vite recuperata dopo il passaggio dell’alluvione del 1966) posizionato sopra due lungarine di ferro realizzate dagli operai della Ferriera.

Quel vecchio crocifisso rappresenta la storia della comunità di San Pio X, situata in un quartiere operaio che ha avuto nella fabbrica della Ferriera il centro della propria vita. Si è così pensato che per i 50 anni di questa parrocchia poteva essere bello farlo restaurare.

Un restauro molto bello, grazie al lavoro offerto gratuitamente ed eseguito dal bravissimo artigiano sangiovannese Giovanni Gualdani .

L’idea del restauro nasce dall’ex Sindaco Gennaro Lo Santo che lo ha proposto proprio durante la giornata dedicata al ricordo di don Ivan Cornioli, lo scorso 9 novembre.

Abbiamo ricordato che il 1 marzo è la giornata internazionale della cura, ed avere cura gli uni degli altri è un principio fondante della Comunità in generale e anche di ogni comunità parrocchiale.

Per questo abbiamo pensato di chiamare il giornalista Massimo Orlandi a presentare il suo libro dal titolo “La rivoluzione della cura” dedicato all’esperienza della Piazza del Mondo” a Trieste.
Il libro racconta l’esperienza di una donna, Lorena Fornasir che insieme al marito Gian Andrea Franchi e agli attivisti della Associazione Linea d’Ombra ODV nella piazza della Libertà di Trieste, ribattezzata “Piazza del Mondo” , curano i piedi martoriati dei migranti della rotta balcanica, in arrivo dopo estenuanti cammini da Paesi come Afghanistan, Pakistan, Siria, Bangladesh.

“Questa piazza – scrive Massimo Orlandi – è un laboratorio di futuro, dove possiamo ritrovare una direzione al nostro desiderio di umanità”. Occuparsi dei migranti, accoglierli, permettere loro di andare dove vogliono, non è fare semplicemente del bene, ma è cercare di organizzare forme di vita comune che siano basate sul prenderci cura gli uni degli altri.

Ma anche in Valdarno abbiamo bellissimi esempi di realtà dove ci si prende cura delle persone.

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