Pensioni: siamo alla stretta finale

    Ormai siamo entrati nel vivo della discussione per quanto riguarda la nuova legge previdenziale che ci sarà in Italia a decorrere dal 1° gennaio 2022. Dopo l’assoluto silenzio che ha caratterizzato questa primavera e questa estate riguardo al tema previdenziale ecco che magicamente il clima con il mese di settembre si è improvvisamente riscaldato. Sono state le dimissioni del Sottosegretario all’Economia Durigon, padre di “quota 100”, a provocare la scintilla con conseguente bagarre politica.

    In primis la Lega di Salvini che ha difeso quota 100 dicendo che abolendo il RdC che non ha funzionato si potrebbe tranquillamente rifinanziare “quota 100” che ha dato sollievo a molti lavoratori e affermando inoltre che se qualcuno volesse ritornare alla odiatissima legge Fornero la Lega metterebbe i TIR davanti alle autostrade. Ovviamente a queste dichiarazioni c’è stata una levata di scudi da parte del M5S e difesa del suo provvedimento bandiera su sui è intervenuto anche Renzi che propone addirittura un referendum per l’abolizione di tale istituito.

    Schermaglie politiche ma che hanno portato anche il PD, finora silente sull’argomento pensioni, a proporre modifiche alla legge Fornero magari aumentando la flessibilità in uscita dell’Ape Sociale implementando le categorie di lavori usuranti e gravosi.

    L’argomento pensioni, quindi, che era da troppi mesi dimenticato, è tornato prepotentemente sulle pagine dei giornali, nei talk-show, nelle dichiarazioni dei politici italiani.

    Solo che di tempo ne rimane molto poco, tre mesi, per scongiurare lo scalone di cinque anni da 62 a 67 anni che si formerebbe nella notte dal 31/12/2021 al 1/1/2022. Sicuramente non ci sarà la possibilità di poter fare una legge strutturale, equa, e che tenga conto di tutte le possibili variegate situazioni esistenti in ambito previdenziale.

    Sul tappeto ci sono anche troppe ipotesi da 41 anni per tutti o 62 anni di età, quota 102 (64 anni di età + 38 di contributi), la proposta Tridico di accesso al pensionamento con 63 anni di età prendendo l’importo calcolato col contributivo e poi a 67 anni prendere anche la parte di retributivo;

    la proposta dell’ex Presidente dell’INPS Boeri che parla di 63 anni per l’accesso al pensionamento e penalizzazione dell’1,5% per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni di età, la proroga di “quota 100” invocata da Salvini ma che difficilmente potrà essere realizzata e ultima in ordine di tempo la creazione di un fondo pubblico per tre anni 2022-2023-2024 e del costo di circa tre miliardi di € annui che erogherebbe una prestazione pari alla pensione fino al momento in cui raggiungendo i requisiti per la pensione effettiva si passerebbe in carico all’INPS.

    Non si conoscono gli esatti termini della questione né gli anni necessari per accedervi ma probabilmente ci sarebbe una quota 101 (39+62) o (38+63) o una quota 102 (39+63)

    Il tutto dovrà essere deciso entro il mese di ottobre quando si presenterà la legge di Bilancio, e compatibilmente con i fondi messi a disposizione dal Ministro Franco bisognerà trovare la quadra per soddisfare le esigenze di tutte le categorie interessate. Ritengo che il Governo punterà ad un‘implementazione dell’Ape Sociale, ad una estensione dei contratti di espansione anche per aziende sotto le cento unità di personale e ad una conferma di Opzione Donna.

    Io invece sarei dell’avviso che rendere strutturale 41 anni per tutti sia la soluzione più equa per dare le giuste aspettative a chi dopo una vita di lavoro vuole giustamente godersi l’ultima parte della propria vita. Anche perché i conteggi effettuati dall’INPS su quanto costerebbe tale proposta sono inesatti perché si riferiscono alla totalità delle persone che opterebbero per tale soluzione ma sappiamo per esperienza che così non è in quanto non tutti gli aventi diritto usufruiscono di tale opportunità.

    Oltretutto si potrebbero sfruttare i miliardi risparmiati con “quota 100” che sarebbe dovuta costare nei tre anni circa venti miliardi e invece ne costerà tredici, la minor spesa dovuta ai decessi causati dal Covid che farà risparmiare all’INPS 11,9 miliardi in dieci anni e sui fondi europei in arrivo dal Recovery.

     

     

     

    Articolo scritto da Mauro Marino

    esperto in economia