di Roberto Fiorini
La parola Roadhouse ha sempre evocato in me due ricordi: Roadhouse Blue, la canzone dei Doors di Jim Morrison contenuta nell’album Morrison Hotel del 1970 ed il film del 1989 Il duro del Road House con protagonista Patrick Swayze.
Prima di cominciare a registrare il brano si racconta che Jim Morrison avesse deciso di preparare l’atmosfera descrivendo agli altri componenti della band una scena decisamente particolare.
“Questa canzone parla di qualcosa che avete visto tutti almeno una volta: una vecchia locanda. Siamo nel Sud, o nel Midwest, o forse sulla strada per Bakersfield, e stiamo guidando una Chevy del ’57 verso una vecchia locanda. Ci siete? È l’una di notte e non andiamo troppo forte, ma nemmeno troppo piano. Abbiamo una cassa di birra nel bagagliaio e un po’ di canne, ascoltiamo la radio e guidiamo verso la locanda attraverso la natura. Capito?“.
Morrison continua con il suo racconto prima che il chitarrista Robby Krieger inizi con un riff straordinario.
Il film diretto da Rowdy Herrington è invece ambientato nella cittadina americana di Jaspar, dove Tilghman, proprietario del locale Double Deuce teatro ogni sera risse e solenni ubriacature, decide di assumere Dalton, un giovanotto sicuro di sè, con il compito di riportare tranquillità.
Una ventina di anni fa mi è capitato di incontrare questo nome, Roadhouse, sulla vetrina di un ristorante a New York.
Decisi di entrare, incuriosito dalle foto degli hamburger e dal locale colorato.
Carne grigliata, burger e panini gourmet in una steakhouse davvero originale in una New York di dicembre illuminata a festa.
Cinque anni fa ho incontrato di nuovo Roadhouse, questa volta in un ristorante a Lainate a Milano dove sulle vetrine veniva pubblicizzato “ribs all you can eat” ovvero costolette di maiale a sazietà.
La terza volta che ho incontrato Roadhouse risale ad una quindicina di giorni fa, all’interno del Centro Commerciale I Gigli dove un gruppo di ragazzi allegramente chiassosi ha catturato la mia attenzione facendomi ricordare i colori e l’atmosfera di questa locanda o trattoria di carne e non solo che avevo incontrato casualmente a New York.
A dirla tutta ho incontrato Roadhouse anche nella nostra città, casualmente, la scorsa settimana, quando percorrendo in auto via Fratelli Rosselli all’angolo di via Giuseppe Giusti ho notato la grande insegna bianca accanto ad un’altra con scritta, Cavalera, che non nego mi ha incuriosito molto.
Una famosa steakhouse ed un ristorante messicano, uno accanto all’altro, nella nostra città.
Leggo che saranno aperti sette giorni su sette a pranzo e a cena: 130 posti a sedere per Roadhouse Restaurant e 120 per Calavera Fresh Mex.
Ho già conosciuto gli ottimi hamburger, le ribs a volontà, il panino alla bistecca, i chicken tenders e le alette di pollo, oltre alla classica bistecca servita in piatti di ghisa di Roadhouse.
Sarà l’occasione per provare una cena messicana al Cavalera.
“No es bello lo que cuesta mucho pero cuesta mucho lo que es bello“.