di Roberto Fiorini
Libri per tutte le orecchie
Paesaggi Letterali Settimanali
a cura di Roberto Fiorini
Leggendo il romanzo di Toshikazu Kawaguchi edito da Garzanti dal titolo Finché il caffè è caldo, ambientato in un magico negozio nel seminterrato su una stretta stradina di Tokyo dove si ordina una tazza di caffè e si viene trasportati indietro nel tempo, mi sono ricordato della mia visita a Tokyo venti anni fa.
Anch’io ho vagato per un vicolo labirintico come quello descritto nel libro di Kawaguchi.
La mia passeggiata, nel distretto di Roppongi, è stata un tentativo di recuperare il mio jet lag.
Ho visto numerosi rabuho e bancarelle delle dimensioni di un armadio da scope dove veniva venduto di tutto, dai grilli vivi agli anatroccoli, ai Rolex falsi.
Ipnotizzato, avrei potuto essere scambiato per uno dei personaggi dagli occhi stellati alla ricerca di una connessione umana che popola il romanzo di Kawaguchi.
Toshikazu Kawaguchi, all’età di 49 anni, è molto conosciuto in Giappone per le sue opere teatrali e le collaborazioni con la compagnia teatrale chiamata Sonic Snail.
Questo però è il suo primo romanzo, e comprensibilmente decide di attingere alle sue abilità drammaturgiche.
La magica caffetteria, con i suoi interni squallidi, funge da palcoscenico attraverso il quale i suoi personaggi passano in un’altra dimensione.
Certo Kawaguchi non è il primo scrittore a parlare viaggi nel tempo attraverso una sorta di veicolo fantasmagorico.
Ma nel suo spettacolare romanzo siamo in Giappone e c’è una caffetteria speciale e questa già rende la storia originale.
È aperta da più di cento anni e su di essa circolano mille leggende.
Si narra che dopo esserci entrati non si sia più gli stessi.
E che bevendo il caffè sia possibile rivivere il momento della propria vita in cui si è fatta la scelta sbagliata, si è detta l’unica parola che era meglio non pronunciare, si è lasciata andare via la persona che non bisognava perdere.
Si narra anche che con un semplice gesto tutto possa cambiare.
Ma c’è una regola da rispettare, una regola fondamentale: bisogna assolutamente finire il caffè prima che si sia raffreddato.
Va bene, già questo può riportare alla memoria il quadrante della Wayback Machine all’anno 1895 (ti ricordi quell’aggeggio del cartone animato Rocky and Bulwinkle show, vero?)
H.G. Wells sviluppò per la prima volta il tema nel suo romanzo The Time Machine.
Kawaguchi si erge sulle spalle di numerosi scribacchini che hanno sfruttato lo scenario di Wells in spettacoli teatrali, programmi radiofonici, fumetti e in film popolari come Timecop interpretato dal kickboxer Jean-Claude Van Damme. (e non dimentichiamo il successo della trilogia di Ritorno al Futuro con Michael J. Fox).
Quindi in che modo Kawaguchi differisce dagli altri?
Come riesce a farla franca riciclando un espediente letterario e cinematografico già molto utilizzato (a proposito chi ricorda Stargate con Kurt Russell?).
Kawaguchi è un artigiano scrittore abbastanza astuto ed abile da dare al cliché una svolta fin dalle prime pagine.
Conosce bene gli scrittori che hanno rubato il tema originale di Wells ed assicura ai lettori che la sua variazione sul tema sarà diversa, rispettosa ma molto originale.
Per questo decide di intrecciare abilmente fili fantastici in quello che si rivela un racconto divertente, vorrei aggiungere sorprendente.
Ci convince che circola davvero una voce su Tokyo, attribuita a storie sensazionali apparse sui tabloid, riguardanti l’esistenza di un caffè magico.
Ci convince che sta raccontando una storia vera.
Non è quindi soltanto una leggenda metropolitana.
Nessuno sembra però sapere dove esattamente si trovi questo caffè.
L’unica certezza è che se dovessi tornare in Giappone imbattendomi in questo magico caffè, probabilmente mi sembrerà, a prima vista, un normale luogo di lavoro, come le numerose bancarelle che ho incontrato nel quartiere di Roppongi.
Ma è probabile che tu possa anche trovare questi eventi comuni, niente di così strano e fuori dal normale.
Si scopre ben presto che per entrare devi convincere una sorta di guardiano, la cameriera di nome Kazu Tokita.
Superato il suo esame sei invitato a partecipare alla specialité de la maison, vale a dire il viaggio nel tempo, ma ci sono regole che devi seguire.
Non voglio spoilerare la trama raccontando troppo.
Basti sapere che quando si accetta di viaggiare nel tempo attraverso il portale del caffè, non ci si può aspettare di tornare a modificare l’esito della propria vita, una sorta sliding door.
Kawaguchi riesce abilmente a costruisce suspense in ogni pagina, in ogni cambio di scena, selezionando attentamente la sua ispirazione narrativa.
Punteggia la sua storia con spunti sonori: le entrate e le uscite dei suoi personaggi sono contrassegnate da un campanello che suona quando viene aperta la porta della magica caffetteria: “Clang-dong“.
E attinge inoltre a una ricca tradizione teatrale giapponese includendo spiriti soprannaturali, fantasmi macabri che sono intrappolati tra il mondo fisico e quello spirituale e che, comicamente, si alzano dal tavolo di tanto in tanto per usare il bagno.
Una volta concessa fiducia a Kawaguchi, alla storia e alla sua scrittura, le pagine procedono magicamente, intrappolando il lettore nella storia, facendolo entrare nel portale a sua insaputa.
La traduzione in italiano di Claudia Marseguerra è davvero perfetta, un libro nel libro.
Frasi descrittive, dialoghi, atmosfere, tutto funziona.
A differenza di H.G. Wells, che ha usato il contesto futuristico di The Time Machine per esplorare le orribili disparità tra chi ha e chi non ha dell’Inghilterra industriale, Finchè il caffè è caldo non esamina complessità sociali o culturali.
Il libro è un viaggio profondo nel dramma che ruota attorno a personaggi che desiderano riconnettersi agli altri per una seconda possibilità, per fare ammenda, per riaccendere la passione.
Siamo tutti vittime di quel commovente desiderio di riscrivere la storia.
Ma, come suggerisce Ray Bradbury nel suo classico racconto A Sound of Thunder, anche un piccolo cambiamento – come schiacciare un insetto – potrebbe cambiare il corso della storia in peggio.
Kawaguchi apre questa, per certi versi tragicomica, possibilità.
E lo fa con una scrittura divertente, coinvolgente.
Una nota a piè di pagina.
I diritti del libro originariamente pubblicato in Giappone nel 2015, Before the Coffee Gets Cold – questo il titolo inglese – sono stati acquistati nel 2018 da Ayuko Tsukahara.
Chissà?
Forse il libro ispirerà un film oppure una serie Netflix?