La Toscana dichiara guerra all’epatite C. Lo fa con un programma di screening gratuito destinato a tutti i nati tra il 1969 e il 1989 (un milione e 53.112 persone tra 33 e 53 anni al 1 gennaio scorso, fonte Istat) ed allargato alla popolazione carceraria e a chi è seguito dai servizi pubblici per le dipendenze, altre 24.600 e 4350 persone al censimento di pochi mesi fa.
L’uso di droghe per via endovenosa, pratiche come tatuaggi, piercing o altre procedure estetiche condotte in condizioni igieniche poco sicure – oppure la condivisione di oggetti personali taglienti e pungenti contaminati da sangue (un rasoio ma anche un semplice spazzolino o taglia unghie) e determinati comportamenti sessuali – sono considerate infatti condizioni a rischio: anche le trasfusioni, ma solo fino al 1991, quando sono stati introdotti test specifici sui donatori. Lo screening inizierà entro marzo 2023. La delibera fissa le procedure operative per partire.
“La Toscana non è nuova ad un simile impegno, che ora rafforziamo – sottolinea l’assessore al diritto alla salute, Simone Bezzini – Nel 2015 l’allora giunta regionale lanciò infatti un programma per l’eradicazione dell’infezione, con il coinvolgimento dei medici di medicina generale per trattare soggetti infetti in via cronica e noti al sistema sanitario, ma non ancora non sottoposti a terapia”.
Dall’epatite C, provocata da un virus e che si contrae mediante contatto con sangue infetto, oggi si può guarire: i nuovi agenti antivirali ad azione diretta hanno reso la cura una strategia economicamente efficace. L’importante è diagnosticarla per tempo, in modo da ridurre le complicanze. Infatti l’infezione decorre senza sintomi per anni e talvolta decenni, silente, ma può in quel tempo causare danni al fegato che possono portare alla cirrosi e al carcinoma epatico. L’infezione aumenta anche il rischio di sviluppare malattie reumatologiche, ematologiche, come il linfoma, cardiovascolari e diabete mellito. Un danno dunque per la persona ma anche per il sistema sanitario, che si trova a gestire un numero accresciuto di malati.
Dal 1 gennaio 2015 al 31 settembre 2021 le persone che si sono rivolte al servizio sanitario per l’epatite C sono aumentate di 3.357 unità e, sempre dal 2015, sono stati 14.016 i soggetti trattati con i nuovi ageni virali DAA. Il programma lanciato sette anni fa ha dato buoni frutti, Con la nuova iniziativa si vuole andare ancora oltre.
Per realizzare lo screening che ha avuto il via libera dopo l’approvazione di una delibera di giunta nei giorni scorsi, la Toscana ha ricevuto dallo Stato 4 milioni e 962 mila euro. Sarebbe dovuto partire nel 2019, ma poi la pandemia da Covid-19 ha costretto tutte le Regioni ad un rinvio.
Sono previsti protocolli diversi a seconda della popolazione di riferimento. Si partirà dai nati nel 1969. Sarà naturalmente escluso dallo screening chi è già noto al sistema sanitario come infettato da epatite C. I cittadini saranno invitati attraverso un sms, ma anche chi non lo ricevesse (e rientra nella popolazione target) potrà recarsi presso i punti prelievi ed eseguire il test: un semplice pungidito ed esame sangue, alla ricerca degli anticorpi generati dal virus. Al progetto collaboreranno insieme Asl e Agenzia regionale di sanità della Toscana (Ars).