Prosegue l’attività di contrasto ai cosiddetti reati predatori da parte dei Carabinieri della Compagnia di San Giovanni Valdarno.
L’odierna operazione giunge quasi esattamente ad un anno di distanza dall’operazione “DRIVER”, che nell’aprile 2021 aveva consentito agli investigatori del Nucleo Operativo e Radiomobile di Corso Italia di portare a termine un’operazione di respiro nazionale, sgominando un gruppo criminale dedito ai furti di autovetture di lusso in tutto il centro Italia (furono ricostruiti svariati colpi, in Provincia di Arezzo, in altre Province toscane ed in Emilia Romagna, Abruzzo, Marche ed Umbria).
Stavolta, l’oggetto dei desideri dei malfattori era sempre inerente i motori, ma di tutt’altra tipologia. Oggetto dell’attività illecita erano infatti non autovetture di lusso, ma veicoli commerciali e industriali, in particolare furgoni e carroattrezzi. E se all’epoca l’organizzazione criminale oggetto delle investigazioni aveva base in provincia di Latina, stavolta, gli investigatori della Compagnia di San Giovanni Valdarno si sono spinti fino in Sicilia, a Palermo e provincia, per scovare gli autori dei furti che avevano colpito, a ritmo martellante, la provincia di Arezzo e la Toscana in generale.
Tutto era iniziato poco dopo metà febbraio, quando, nel volgere di pochi giorni, in Provincia di Arezzo veniva denunciato il furto di alcuni furgoni e di un carroattrezzi, oltre che il tentato furto di un altro carroattrezzi. Era il momento in cui, sempre in quel periodo, erano stati registrati alcuni furti in banca, quindi era stato naturale, per gli investigatori, ipotizzare che il furto dei veicoli potesse essere da ricollegare a quegli episodi criminosi, e quindi ad opera di un eventuale banda criminale dedita alla tecnica della “spaccata”.
Immediatamente partirono le indagini del Nucleo Operativo e Radiomobile della Compagnia Carabinieri di San Giovanni Valdarno, che si trovarono però sin da subito di fronte all’evidente smentita dell’originaria tesi investigativa: i furti dei veicoli nulla avevano a che fare con i colpi in banca, ed erano stati perpetrati da un gruppo che, con ogni evidenza, proveniva dal sud Italia. A quel punto gli inquirenti, venuto meno lo spunto iniziale, non si sono dati per vinti ed hanno concentrato gli sforzi nell’esecuzione di indagini “classiche”, incentrate su un minuzioso sopralluogo sulle scene del crimine, sull’analisi delle immagini immortalate dai circuiti di videosorveglianza nei pressi delle medesime, sulle indicazioni riguardanti le targhe delle autovetture utilizzate, desunte anch’esse dalle telecamere presenti sul territorio e dall’escussione dei testimoni. La svolta nelle indagini è stata rappresentata dall’individuazione dell’autovettura utilizzata dai malfattori per recarsi sul luogo del delitto, e per allontanarsene una volta perpetrato il colpo. Gli accertamenti sugli utilizzatori dell’autovettura hanno portato infine gli investigatori a concentrare i propri sforzi sulla provincia di Palermo, dalla quale la banda si muoveva a volte in traghetto, e a volte coprendo invece l’intera tratta in automobile, risalendo tutto lo stivale.
Le successive investigazioni si sono sviluppate utilizzando in primis sistemi tecnici, nonché servizi di osservazione, controllo e pedinamento degli indagati. Il complesso delle attività investigative ha così consentito di arricchire il quadro indiziario, anche su svariati altri colpi. Tutti accomunati dal medesimo modus operandi, e tutti aventi ad oggetto la stessa tipologia di veicoli.
Nei giorni scorsi, dopo l’identificazione dei principali sospettati, le due definitive svolte investigative. In prima battuta, i Carabinieri della Compagnia di San Giovanni Valdarno, avendo avuto contezza della presenza della banda in Toscana, li hanno monitorati a distanza, per poi intervenire, a sera, al porto di Livorno, dove sono riusciti a bloccare due componenti della banda (ma nell’occasione almeno un terzo soggetto riusciva a darsi alla fuga, approfittando della confusione dell’imbarco livornese), due palermitani di 30 e 40 anni, gravati da svariati precedenti di polizia per delitti di analoga entità. I due si stavano proprio in quel momento imbarcando per fare rientro a Palermo, non prima di aver caricato a bordo anche due furgoni IVECO Daily e due carroattrezzi, rubati nei giorni precedenti tra Signa, Livorno e Pisa. I mezzi erano per altro stati muniti di targhe, centraline e carte di circolazione atte a dissimularne la provenienza furtiva, tutti venivano restituiti ai legittimi proprietari.
Le indagini non si sono però fermate, ed anzi gli sforzi si sono intensificati, nell’intento di identificare il terzo correo. Grande era il sospetto che la banda si fosse avvalsa di almeno un basista capace di muoversi con disinvoltura in Toscana, e d i sospetti si erano concentrati su un soggetto originario dell’aretino, ma da tempo trasferitosi in Sicilia. Dove, per l’appunto, era noto per essere coinvolto in attività illecite proprio insieme ai due soggetti identificati al porto di Livorno.
Lo step successivo è stato richiedere e ottenere un decreto di perquisizione locale e personale, finalizzato a reperire ulteriori tracce del reato. Una volta ottenuto il decreto dalla Procura della Repubblica di Arezzo, gli investigatori del Nucleo Operativo e Radiomobile di Corso Italia sono volati a Palermo, dove, col supporto dei colleghi del luogo, hanno dato esecuzione alle perquisizioni, che hanno interessato i quartieri di Borgo Nuovo e di Uditore, hanno avuto esito positivo, essendo stata rinvenuta una vasta gamma di strumentazioni utili ad aprire ed avviare i motori dei mezzi da rubare. Inoltre, è stato rinvenuto un ulteriore veicolo rubato proprio in Provincia di Arezzo, trovato in una rimessa nella disponibilità proprio del presunto basista aretino. Il quale a quel punto, data l’evidenza del quadro indiziario, è stato deferito in stato di libertà per ricettazione del furgone rubato.