di Stefano Pezzola
Albert Bourla, ceo di Pfizer, non ha risposto alle domande sullo scambio di sms con Ursula von der Leyen che avrebbe facilitato un contratto di fornitura da 1,8 miliardi di dosi anti-Covid.
L’amministratore delegato della casa farmaceutica, produttrice dei vaccini contro il Covid a base mRNA, ha fatto sapere di non voler partecipare all’audizione al Parlamento europeo prevista per lunedì 10 ottobre 2022.
Invitato dai membri della commissione parlamentare sul Covid-19, il numero uno dell’aziende americana era chiamato a spiegare come sono stati sottoscritti i contratti con l’Ue sulle forniture di vaccini.
Bourla ha fatto sapere che al suo posto avrebbe partecipato Janine Small, presidente dei mercati internazionali di Pfizer, ritenuta “nella posizione migliore per supportare la commissione nel raggiungimento dei suoi obiettivi“.
Alla precisa domanda posta dall’eurodeputato R. Ross se “Pfizer avesse testato la capacità del vaccino Covid di bloccare la trasmissione del virus prima di metterlo sul mercato?” la presidente dei mercati internazionali di Pfizer ha risposto sorridendo “no, dovevamo muoverci alla velocità della scienza per capire cosa succedeva“.
Non ci credi?
Se da una parte Albert Bourla ha confermato non rispondendo alle domande l’assoluta arroganza e prepotenza nei confronti delle istituzioni e dei cittadini eurepei, Janine Small, presidente dei mercati internazionali di Pfizer, ha sorprendentemente ammesso che il produttore del farmaco Comirnaty “non ha testato la capacità del vaccino Covid di bloccare la trasmissione del virus prima di metterlo sul mercato“.
Onde per cui non siamo di fronte ad un vaccino ma di un farmaco immesso nel mercato con una autorizzazione condizionata.
Da ricordare che la Commissione europea ha ammesso di non essere in grado di trovare gli sms che si scambiarono la presidente dell’esecutivo Ue Ursula von der Leyer e l’amministratore delegato di Pfizer Albert Bourla durante le trattative.
Lo smarrimento dei messaggi di testo è certificato da lettera inviata dalla vicepresidente della Commissione, Vera Jourova, al difensore civico Ue che da mesi cerca invano di far luce sulla vicenda.