Era la mattina del 16 marzo 1978 quando la Storia d’Italia cambiò per sempre. Via Fani, Roma. Il presidente della Democrazia Cristiana, Aldo Moro, esce di casa accompagnato dalla scorta direzione Camera dei Deputati. È la giornata in cui è in discussione la fiducia al quarto governo Andreotti, con il Pci per la prima volta a concorrere alla maggioranza di governo. Un risultato a cui lo stesso Moro aveva lavorato alacremente, d’intesa con il segretario comunista Enrico Berlinguer. Peccato che Moro, in Parlamento, non arriverà mai.
LA STRAGE DI VIA FANI E IL RAPIMENTO DI ALDO MORO
Un gruppo di terroristi delle Brigate Rosse bloccò l’auto del leader della Dc e quella della scorta all’altezza di via Stresa, aprendo immediatamente il fuoco. Restarono a terra, morti, tutti gli uomini della scorta e l’autista di Moro: Francesco Zizzi (29 anni), Raffaele Iozzino (24 anni), Giulio Rivera (23 anni), Domenico Ricci (43 anni) e Oreste Leonardi (51 anni). Aldo Moro venne rapito. La sua prigionia, in mano alle Brigate rosse, durò 55 giorni, al termine dei quali venne ucciso. Il suo cadavere venne fatto ritrovare nel centro di Rma, in via Caetani, il 9 maggio del ’78.
Non è chiaro quanti fossero i brigatisti effettivamente presenti in via Fani la mattina del 16 marzo. Varie le versioni fornite nei processi dai terroristi. A quanto ricostruito, sulla scena dell’agguato si trovavano sicuramente Mario Moretti, capo della colonna romana, Franco Bonisoli, Prospero Gallinari, Barbara Balzerani, Raffaele Fiore, Valerio Morucci e Bruno Seghetti, oltre a Alessio Casimirri e Alvaro Lojacono. Si ritiene, tuttavia, che il numero dei partecipanti all’agguato sia stato più alto.
Ogni anno le più alte cariche dello Stato si recano in via Fani per commemorare le vittime della strage.
Fonte
Agenzia DIRE
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